ANCI Lombardia, nell’ambito del pr..
Nella rubrica “Dati alla mano” Istat ha pubblicato una quadro sintetico dal titolo Il lavoro “straniero”. Colpiscono le virgolette nel titolo, ma, leggendo il breve articolo, si trovano parole dedicate a questi lavoratori come penalizzazione, precarietà, mancato riconoscimento dei titoli di studio, segregazione lavorativa.
Nell’articolo si parla di stranieri e naturalizzati, evidenziandone le differenze in termini occupazionali, soprattutto fra le donne. La metà delle donne straniere lavora in sole quattro professioni (badanti, colf, addette alle pulizie e cameriere), mentre le naturalizzate hanno una distribuzione leggermente più variegata, includendo anche commesse, cuoche, bariste, segretarie e infermiere. Le italiane hanno un ventaglio più ampio e qualificato di possibilità, che include impiegate e docenti. lstat ci dice che il fenomeno per cui un gruppo di popolazione si concentra in determinati settori e professioni è detto segregazione lavorativa e riguarda anche gli uomini stranieri e naturalizzati, per quanto in misura meno marcata rispetto alle donne.
Un dato emerge: nella fascia meno istruita stranieri e naturalizzati sono più occupati rispetto agli italiani alla nascita, ma sono spesso più precari, con lavoro a tempo determinato e/o part-time involontario. Si tratta di forme contrattuali che riguardano il 29% degli stranieri, il 24% dei naturalizzati contro il 17% degli italiani. La situazione non è molto differente se si guarda al titolo di studio: gli stranieri laureati hanno un tasso di occupazione più basso di 15 punti rispetto agli autoctoni laureati.
Istat individua due motivi per questo divario: il mancato riconoscimento dei titoli di studio e “le reti informali a cui ci si affida per trovare lavoro, spesso senza cercare un lavoro coerente con il proprio livello di istruzione”. Una situazione, quest’ultima che può cambiare grazie al lavoro dei PUA con le attività messe in campo orientate alla conoscenza e valorizzazione delle persone cui si rivolge il progetto InLav.
Un breve sguardo al Rapporto Annuale 2025
I dati riportati nell’articolo di Istat sono tratti dal Rapporto Annuale Istat 2025, in particolare dal paragrafo Gli stranieri e i naturalizzati nel mercato del lavoro, Capitolo 2 dell’Annuario.
Nel paragrafo scopriamo che, nel 2024, la popolazione residente in Italia tra 15 e 89 anni è composta per quasi il 9% da cittadini stranieri e per poco meno del 3% cento da cittadini naturalizzati.
Come accennato in precedenza riguardo l’occupazione, i giovani stranieri (15-24 anni) e i più maturi (55-64 anni) mostrano i tassi di occupazione più alti, “segno di un ingresso precoce nel mondo del lavoro e di una permanenza prolungata, soprattutto per le donne”. I naturalizzati, al contrario, risultano più attivi nella fascia centrale della vita lavorativa.
Altro dato cui fa cenno l’articolo è la segmentazione del mercato del lavoro nelle professioni svolte. Gli stranieri si concentrano in un numero ristretto di occupazioni, 15, contro le 26 dei naturalizzati e le 42 degli italiani dalla nascita. Come detto, questa polarizzazione è ancora più marcata tra le donne, che si concentrano per quanto riguarda le straniere in appena 4 professioni.
Con riferimento poi alla vulnerabilità lavorativa conseguente alle forme di contratto, il Rapporto Annuale evidenzia che, “se da un lato i naturalizzati riescono a migliorare le proprie condizioni rispetto agli stranieri, dall’altro entrambi i gruppi restano penalizzati rispetto alla popolazione autoctona, specialmente nei segmenti più qualificati del mercato del lavoro”. Questa penalizzazione si fa più evidente se si prendono in considerazione i progressi in termini di reddito da lavoro tra il 2011 e il 2022 per queste categorie, come riporta il paragrafo 4.3.1 dell’annuario.
L’arco di tempo scelto per valutare l’impatto delle caratteristiche personali sulle opportunità di occupazione e reddito, va dall’anno dell’ultimo Censimento generale della Popolazione e delle abitazioni a carattere decennale, il 2011, all’anno più recente per il quale si dispone di informazioni con copertura di tipo censuario, il 2022.
In sintesi il paragrafo segnala:
- la condizione di straniero rappresenta uno svantaggio rispetto a un cittadino italiano in termini reddituali (con incrementi reali di circa 1.000 euro in meno rispetto ai 3.800 degli italiani), che si attenua per coloro che riescono a portare a termine con successo un percorso di integrazione, acquisendo la cittadinanza italiana: l’incidenza di coloro che hanno migliorato le proprie condizioni rispetto al 2011 è del 25% tra gli stranieri, il 41% tra chi ha acquisito la cittadinanza italiana e il 51% tra gli italiani;
- gli stranieri sono connotati da un’instabilità lavorativa maggiore rispetto agli italiani (la probabilità per gli occupati stranieri in regola nel 2011 di esserlo nel 2022 è di 22,4 punti percentuali inferiore), seppure di minor intensità per coloro i quali hanno completato il percorso di acquisizione di cittadinanza italiana;
- gli stranieri residenti stabilmente in Italia tra il 2011 e il 2022 hanno sperimentato uno svantaggio in termini di opportunità di crescita economica, da ricondursi verosimilmente alla maggiore instabilità occupazionale.
Sergio Madonini
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